15 giugno 2012

TAPPA N°1, Miracolo a Le Havre

Il commissario Monet arriva alla locanda del porto, in mano regge un ananas. Prende posto lasciando il frutto sul tavolo, poi ordina un Calvados alla proprietaria, la dolce Claire. Lei lo raggiunge e lo serve. Il commissario si dice dispiaciuto per aver arrestato l'uomo della donna tempo prima, ma lei non gli serba rancore. A quel punto Monet chiede: "Marcel Marx... ci tieni molto?". La donna gli sorride: "Oh, sì... molto".



La scena dell'ananas. Così è stata definita dal pubblico di CineComedy, e in molti l'hanno individuata come la scena madre dell'intero film di Kaurismäki. Non è che una delle varie tappe di un'indagine sulle tracce del clandestino Idrissa, un piccolo frammento che diventa gag, proprio per via di quell'ananas.
Ma nonostante, o forse proprio grazie a questo, si dimostra la maestria del regista finlandese nel concentrare l'essenza del film in un momento breve ed essenziale, quasi spartano.

Il commissario Monet è il cattivo della storia, un classico stereotipo che pare uscito fuori da un fumetto, vestito sempre rigorosamente di nero, non si scompone mai,  con lo scopo di fermare la fuga di Idrissa, un ragazzo clandestino. Come in una storia per bambini, il suo personaggio è chiaro e distinguibile sempre, il suo obiettivo anche. Poi però, a un certo punto, si presenta alla locanda con in mano un oggetto che non c'entra nulla con la sua immagine, i suoi modi, il suo ruolo, e che lo mette persino in ridicolo.
Si tratta di un elemento semplice e quotidiano, d'altronde è soltanto un ananas, ma che basta visivamente a dichiarare il decisivo cambiamento di direzione del commissario stesso, e quindi della trama. Monet non è più macchietta, ma un uomo con dei ripensamenti, non più insensibile davanti al calore e la solidarietà della gente di Le Havre attorno a Idrissa, e che soltanto lui si era ostinato a non raccogliere.

Il commissario Monet arriva dunque alla locanda con in mano il simbolo palese della sua nuova consapevolezza. Una buffa trovata da commedia come gesto di pace, un mezzo per spogliarsi finalmente della sua aura seria e impassibile e passare così dalla parte degli altri, dei buoni della storia. Kaurismäki segna questo passaggio decisivo con pochi tratti, quasi rarefatti ma chiari: le scuse di Monet alla locandiera per vicende passate, una domanda per sondare l'interesse della donna verso Marcel, l'uomo che nasconde il ragazzo, e non per ultimo l'ananas al loro fianco. Nient'altro, ma c'è tutto.

Più tardi il commissario va a fare visita alla casa di Marcel e con un tono che conserva le tracce della sua autorità gli fa capire che presto la polizia verrà a perquisirlo, meglio liberarsi "della merce da contrabbando". Sul finire, sempre Monet ispeziona una barca sul punto di salpare dal porto: dà un'occhiata giù nella botola, il giovane Idrissa è proprio lì rannicchiato, pronto alla fuga, ma Monet infine la richiude, ci si siede sopra come nulla fosse e offre una sigaretta a Marcel: "Lei fuma?".

Questi due episodi non sono sfuggiti al pubblico di CineComedy, non a caso sono proprio i momenti in cui la conversione del cattivo nella famiglia dei buoni avviene definitivamente. Monet diventa così l'emblema di ciò che il regista ha voluto regalare con la sua favola, ovvero i piccoli miracoli che sanno creare le persone, come quelle giù al porto di Le Havre.


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