23 luglio 2012

TAPPA EXTRA, La maschera del demonio

La scena è in un bianco e nero molto contrastato. Ci sono due uomini vestiti con abiti d'epoca che stanno scendendo una scala che conduce in un'ampia cripta. Ci sono archi, pietre antiche e ragnatele e tutta la loro discesa è accompagnata da una musica per nulla rassicurante. “Su queste pietre è scritta la storia dell'intera Moldavia” chiosa il più anziano dei due – si vede che è anche il più coraggioso – l'altro – più “giovane e bello” – lo ascolta, ma e visibilmente impaurito.
Nella cripta c'è una bara – è un classico diremmo. Sì esatto, lo è in tutto e per tutto – e sulla bara una croce di pietra. L'adulto istruisce il novellino: la croce serve a non risvegliare la strega della leggenda – ci fidiamo che non c'è niente di buono a risvegliare una morta – e la maschera di bronzo che ha sul volto la rende vittima di un sortilegio.


Ok, fermiamoci qui, ma poi ritorneremo a guardare ancora un po'. Che cosa succederà nei prossimi minuti lo sappiamo benissimo. Non abbiamo neanche bisogno di immaginarlo: lo sappiamo. La strega resusciterà. Non vogliamo altro da un film così. Bastano pochi minuti per capire che cosa stiamo guardando e basta ancora meno per capire cosa ci aspetterà. La Maschera del Demonio di Mario Bava però ha dalla sua che è stato il primo. Dopo sono arrivati cinquant'anni di aggiornamenti e variazioni sul tema, ma la cripta con la bara è rimasta quella lì e una strega non resta mai troppo tempo inattiva.

Com'erano quindi i film cinquant'anni fa? Cosa si sono portati dietro, cosa ci hanno lasciato e cosa manca oggi ai contemporanei di quel modo di fare cinema? Stringiamo il campo. Entriamo nel genere. Le coordinate sono: Horror – Italiano – inizi degli anni 60.

Il primo e forse unico nome che viene in mente è quello di Mario Bava. Ma noi stringiamo ancora: zoomiamo dentro La Maschera del Demonio – il suo esordio ufficiale dietro la macchina da presa – e arriviamo a quella scena a circa dieci minuti dall'inizio del film. Come se avessimo fatto zapping fino adesso e fossimo finiti qui per caso senza conoscere niente di ciò che è accaduto prima e di quello che accadrà dopo, proviamo a dare una risposta a quelle domande iniziali.



Il filone gotico deve tanto alla Maschera del Demonio e film come la saga di Twilight, il mistero della strega di Blair o il recentissimo La leggenda del Cacciatore di Vampiri hanno nel loro DNA impresso questo gioiellino di forma e di genere che ha confezionato Mario Bava.

Qualcuno sogghignerà pensando a Edward Cullen e Bella affiancati a Barbara Steele e al suo viso inchiodato dalla Maschera del Demonio. È legittimo. Come legittimo sarà ridere di gusto vedendo il seguito della scena. Però, c'è un però. Il professore è affascinato dalla strega, il suo assistente un po' meno così con una scusa si volatilizza. Il professore ora è solo a studiare la sua mirabile scoperta quando da un loculo esce fuori un pipistrello enorme che lo attacca. Egli si difende col suo bastone, lo stende con un colpo di rivoltella e poi infierisce sul corpo agonizzante talmente forte da rompere la croce di pietra sopra la bara della strega Asa. Sembra avvincente come scena e invece tutto è permeato dai ghigni del pubblico che non può non percepire l'ingenuità tecnica nella realizzazione di un pipistrello di cui si vede solo un'ala di plastica pelosa e un'ombra di cartone su un muro.


Se solo avesse avuto After Effects, Mario Bava avrebbe reso la scena del pipistrello degna di un action-movie. Però. Ecco il nostro però. Però forse il bello nel guardare un film horror di cinquant'anni fa sta proprio qui: nell'ammirare quel coraggio, quella voglia e quel desiderio di meraviglia che avevano i cineasti del tempo, il loro mettersi in gioco costantemente, il loro artigianato artistico.
Ce lo vedo Mario Bava esaltato e infervorato che dirige l'attore dicendogli: “Colpiscilo! Più forte! Non preoccuparti che è di plastica!”. Non pensate sia davvero eroico? I film di cinquant'anni fa erano fatti da eroi. Eroi veri.
Ghignare non cambierà la storia. Ghigniamo pure guardando il pipistrello di plastica pelosa, Mario Bava capirà, perché lui sarà stato il primo a riderci su.

Dark0

Nessun commento:

Posta un commento