La
scena è in un bianco e nero molto contrastato. Ci sono due uomini
vestiti con abiti d'epoca che stanno scendendo una scala che conduce
in un'ampia cripta. Ci sono archi, pietre antiche e ragnatele e tutta
la loro discesa è accompagnata da una musica per nulla rassicurante.
“Su queste pietre è scritta la storia dell'intera Moldavia”
chiosa il più anziano dei due – si vede che è anche il più
coraggioso – l'altro – più “giovane e bello” – lo ascolta,
ma e visibilmente impaurito.
Nella
cripta c'è una bara – è un classico diremmo. Sì esatto, lo è in
tutto e per tutto – e sulla bara una croce di pietra. L'adulto
istruisce il novellino: la croce serve a non risvegliare la strega
della leggenda – ci fidiamo che non c'è niente di buono a
risvegliare una morta – e la maschera di bronzo che ha sul volto la
rende vittima di un sortilegio.
Ok,
fermiamoci qui, ma poi ritorneremo a guardare ancora un po'. Che cosa
succederà nei prossimi minuti lo sappiamo benissimo. Non abbiamo
neanche bisogno di immaginarlo: lo sappiamo. La strega resusciterà.
Non vogliamo altro da un film così. Bastano pochi minuti per capire
che cosa stiamo guardando e basta ancora meno per capire cosa ci
aspetterà. La Maschera del Demonio di Mario Bava però ha dalla sua
che è stato il primo. Dopo sono arrivati cinquant'anni di
aggiornamenti e variazioni sul tema, ma la cripta con la bara è
rimasta quella lì e una strega non resta mai troppo tempo inattiva.
Com'erano quindi i film cinquant'anni fa? Cosa si sono portati dietro, cosa ci hanno
lasciato e cosa manca oggi ai contemporanei di quel modo di fare
cinema? Stringiamo il campo. Entriamo nel genere. Le coordinate sono:
Horror – Italiano – inizi degli anni 60.
Il
primo e forse unico nome che viene in mente è quello di Mario Bava.
Ma noi stringiamo ancora: zoomiamo dentro La Maschera del Demonio –
il suo esordio ufficiale dietro la macchina da presa – e arriviamo
a quella scena a circa dieci minuti dall'inizio del film. Come se avessimo fatto
zapping fino adesso e fossimo finiti qui per caso senza conoscere
niente di ciò che è accaduto prima e di quello che accadrà dopo,
proviamo a dare una risposta a quelle domande iniziali.
Il
filone gotico deve tanto alla Maschera del Demonio e film come la
saga di Twilight, il mistero della strega di Blair o il recentissimo
La leggenda del Cacciatore di Vampiri hanno nel loro DNA impresso
questo gioiellino di forma e di genere che ha confezionato Mario
Bava.
Qualcuno
sogghignerà pensando a Edward Cullen e Bella affiancati a Barbara
Steele e al suo viso inchiodato dalla Maschera del Demonio. È
legittimo. Come legittimo sarà ridere di gusto vedendo il seguito
della scena. Però, c'è un però. Il professore è affascinato dalla
strega, il suo assistente un po' meno così con una scusa si
volatilizza. Il professore ora è solo a studiare la sua mirabile
scoperta quando da un loculo esce fuori un pipistrello enorme che lo
attacca. Egli si difende col suo bastone, lo stende con un colpo di
rivoltella e poi infierisce sul corpo agonizzante talmente forte da
rompere la croce di pietra sopra la bara della strega Asa. Sembra
avvincente come scena e invece tutto è permeato dai ghigni del
pubblico che non può non percepire l'ingenuità tecnica nella
realizzazione di un pipistrello di cui si vede solo un'ala di
plastica pelosa e un'ombra di cartone su un muro.
Se
solo avesse avuto After Effects, Mario Bava avrebbe reso la scena del
pipistrello degna di un action-movie. Però. Ecco il nostro però.
Però forse il bello nel guardare un film horror di cinquant'anni fa
sta proprio qui: nell'ammirare quel coraggio, quella voglia e quel
desiderio di meraviglia che avevano i cineasti del tempo, il loro
mettersi in gioco costantemente, il loro artigianato artistico.
Ce lo
vedo Mario Bava esaltato e infervorato che dirige l'attore
dicendogli: “Colpiscilo! Più forte! Non preoccuparti che è di
plastica!”. Non pensate sia davvero eroico? I film di cinquant'anni
fa erano fatti da eroi. Eroi veri.
Ghignare non cambierà la storia.
Ghigniamo pure guardando il pipistrello di plastica pelosa, Mario
Bava capirà, perché lui sarà stato il primo a riderci su.
Dark0
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